Dopo il premiatissimo e muscolare «Niente di nuovo sul fronte occidentale» (2022), torna il regista austriaco con cittadinanza svizzera Edward Berger e lo fa con un’opera ambiziosa e suo malgrado profetica.
«Conclave», nelle sale dal 19 dicembre 2024, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Robert Harris, uscito nel 2016, e si avvale della fotografia di Stéphane Fontaine, della sceneggiatura non originale di Peter Straughan (Oscar e Golden Globe 2025), già penna de «La Talpa» e de «L’Uomo di neve», e dell’ispirata colonna sonora di Volver Bertelmann, premiato dall’Academy nel 2023 proprio per il tappeto sonoro della riduzione bergeriana di Remarque.
A deporre nel solco dell’intrattenimento hollywoodiano una produzione che poteva osare qualcosa di più non è soltanto la matrice letteraria (una spy story), e nemmeno il cast stellare in cui brillano un luciferino Sergio Castellitto, un ambiguo John Lithgow e un Ralph Fiennes sempre più a suo agio nei meandri sadomasochistici del potere, ma anche la sontuosa ricostruzione del Vaticano, avvenuta fra Cinecittà e la Reggia di Caserta.
Mentre il sottoscritto si appresta a recensire la pellicola (disponibile su Sky), il vero Conclave sta per iniziare e desta stupore la fuga delle suore trevigiane dalla nuova badessa comandata loro dall’alto, segni contemporanei di un conflitto senza tempo (nella Chiesa di Roma) fra tradizione e innovazione, il cui equilibrio è dato dal potere e che finisce col fondare il potere stesso.
TRAMA
La morte improvvisa di Gregorio XVII apre il Conclave che, proprio per volontà del pontefice, sarà guidato dal decano Cardinal Lawrence (Ralph Fiennes), un uomo probo e votato all’istituzione ecclesiastica ma la cui fede sta vivendo una crisi senza precedenti, al punto di impedirgli di pregare e desiderare di allontanarsi quanto prima da Roma.
Attorno a questa figura (suo malgrado papabile) si agglutinano quelle del Cardinale Bellini (Stanley Tucci), liberale e deciso a continuare il progetto riformista del suo predecessore, il Cardinale Trembley, ambizioso e già dotato di un forte seguito, il Cardinale Adeyemi (Lucian Msamati) che si candida a diventare il primo papa nero della storia, nonostante gli orizzonti omofobi e poco modernisti e, infine, il Cardinale Tedesco (Sergio Castellitto), reazionario e intenzionato a riportare la Chiesa di Pietro ai fasti conservatori di un tempo.
L’omelia di Lawrence, che apre il Conclave, tutt’altro che ordinaria e centrata più sulle possibili imperfezioni del nuovo pontefice che non sulle sue effettive capacità di comando, nonostante sia lo specchio fedele della crisi che sta attraversando, finisce con l’essere interpretata come un’autocandidatura e per destare le ire di Bellini, suo amico ma nemico giurato di Tedesco e della rispettiva visione conservatrice.
L’arrivo di Padre Benitez (messicano), ordinato Cardinale in pectore da Gregorio XVII prima di spirare e già arcivescovo di Kabul, scuote gli animi dei votanti che nel frattempo assistono a una lite fra Adeyemi e Shanumi, una suora nigeriana con cui il Cardinale aveva avuto una relazione e un figlio, dato successivamente in adozione, ben trent’anni prima.
Nonostante tali rivelazioni restino un segreto confessionale fra Lawrence e Adeyemi stesso, quest’ultimo perderà voti e credibilità agli occhi dei confratelli, destino che subirà anche Trembley quando si scoprirà, tramite l’intercessione di una suora (prezioso cameo di Isabella Rossellini) che, oltre a condurre lui Shanumi nel Conclave per screditare il rivale, si sarebbe ulteriormente macchiato di simonia, cercando di comprare i voti di alcuni confratelli.
In una Roma scossa dagli attentati, l’ultimo dei quali operato da un fondamentalista islamico che finisce col danneggiare parzialmente la Sistina stessa, al discorso bilioso e veterotestamentario di Tedesco si opporrà quello luminoso e privo di rancore di Benitez, il quale sposterà su di sé la benevolenza di quasi tutti gli elettori.
Il nuovo Papa messicano, col nome di Innocenzo XIV, incarnerà, etimologicamente e spiritualmente, tutte le contraddizioni della Chiesa moderna, elevando la fede non alla mortificazione del corpo ma alla sua accettazione più piena.
PONTI, NON MURI…
«Costruire ponti, non muri», è forse la frase che meglio racconta l’eredità morale di Papa Francesco, a così poca distanza dalla sua morte, e si tratta di una cifra che oltre ad allontanarlo ideologicamente dal trumpismo, apre la strada a una possibile continuazione pontificia verso il dialogo e l’inclusione, senza false retoriche o strumentalizzazioni politiche.
Nel film di Berger noi intuiamo che l’appena scomparso Papa Gregorio XVII sia stato un personaggio di grande carisma e fascino rivoluzionario (un po’ come Papa Francesco), ed è per questo che Lawrence avverte il peso dell’incarico appena conferitogli, ma la storia si incanala troppo presto nei consueti bivi del thriller senza i dovuti margini di introspezione che una simile vicenda avrebbe richiesto.
Qual era il reale rapporto fra il decano e il vecchio Papa?
Perché il primo è entrato in crisi?
Cosa nasconde l’antica ruggine fra Tedesco e Bellini?
La scansione teatrale delle scene e il rarefarsi dei personaggi nella vertigine delle elezioni aumentano pavlovianamente la suspence, ma senza la paranoia a circuito chiuso di «Todo Modo» di Petri, che schiacciava ogni inquadratura in un grandangolo da telecamera di sorveglianza, chiara rappresentazione di un potere che non risparmia nessuno, laico o credente, asceta o mondano.
«Conclave» non è un giallo storico, come «Il nome della rosa» di Umberto Eco, non ha la grandiosità ritmica di «Angeli e Demoni» né la solennità provocatoria di «The Young Pope» di Sorrentino, e forse diventa un godibile thriller proprio perché privo di alt(r)e ambizioni intellettuali, anche se il finale gratuito e un po’ ruffiano ha fatto storcere il naso alla critica più avveduta.
Nel 2011, Nanni Moretti col suo «Habemus Papam» in qualche modo anticipava, intrecciando psicoanalisi e religione, l’affaire Ratzinger e la sua successiva abdicazione risalente al 2013; a dicembre 2024 (pur riprendendo un libro del 2016) Berger precede di pochi mesi la morte di Papa Francesco e il successivo Conclave: nell’era dell’iper-rappresentazione, dominata dalle piattaforme, il silenzio votivo delle sale cinematografiche ben si coniuga con quello confessionale, ricordando ai ministri di Dio che il mistero si celebra e non si scioglie e che la fede, come la sospensione di incredulità, si costruisce sul dubbio e non sulla sua negazione.