Riproposta su Netflix, e quindi a beneficio di un pubblico più ampio e stratificato, la serie «Vostro Onore», una produzione Rai fiction e Indiana Production, trasmessa proprio sul primo canale nel 2022, è l’adattamento dell’israeliana Kvodo (2017), e del suo remake a stelle e strisce «Your Honor», con la star Brian Cranston.
Diretto da Alessandro Casale, da un soggetto di Donatella Diamanti che lo ha anche co-sceneggiato insieme a Laura Grimaldi, Paolo Piccirillo, Gianluca Gloria e Mario Cristiani, Vostro Onore è un prodotto di otto episodi di circa l’ora l’uno, girato fra Roma e Milano ma ambientato essenzialmente nel capoluogo lombardo, che poco ha a che vedere con l’equivalente statunitense, sia per la cifra attoriale che per le atmosfere, ma soprattutto per il finale che stravolge l’originale lasciando aperta la possibilità di una seconda stagione.
Tutto il cast è ben centrato ma senza acuti d’autore, da Francesco Colella a Barbara Ronchi passando attraverso Camilla Semino Favro e Leonardo Capuano ma, oltre al pregevole cameo di Remo Gironi, tutto lo sviluppo della trama si regge sul rapporto padre-figlio fra Stefano Accorsi e Matteo Oscar Giuggioli, così sfumato e profondo da dare colore a ogni episodio, con inattesi sviluppi nell’epilogo.
Si tratta di una produzione low-budget che ha puntato molto sulla professionalità del protagonista e l’esperimento, sotto questo punto di vista, è decisamente riuscito.
TRAMA
Vittorio Pagani è un incorruttibile giudice che sta per diventare presidente della Corte di Milano quando suo figlio, Matteo, dopo aver fallito l’esame di scuola guida, investe un ragazzo in moto guidando la macchina della madre, morta suicida qualche anno prima; la prima reazione di Vittorio è, ovviamente, ineccepibile, perché il giudice porta suo figlio a costituirsi in Questura per omissione di soccorso ma, quando apprende che la vittima (finita nel frattempo in coma) è Diego Silva, figlio del boss che lui stesso ha contribuito a incarcerare non molto tempo prima, capisce che farlo finire in prigione equivarrebbe a una condanna a morte.
Ed è da questo momento in poi che la serie diviene interessante perché assistiamo alle acrobazie del giudice, che ben conosce la legge e le sue storture, per impedire a Matteo di finire in prigione, cercando prima un capro espiatorio credibile, e quindi facendosi aiutare consapevolmente da un amico poliziotto e da un’inconsapevole avvocatessa, con la quale inizierà anche una relazione.
La vicenda, intimista nei tratti in cui indaga le lacune paterne del protagonista e la tragica scomparsa della moglie, si intreccia con la faida fra i due clan rivali dei Gravina e dei Silva, (in)direttamente collegate alla famiglia Pagani anche per un legame di parentela, ma il muro omertoso dietro cui si nasconde il giudice reggerà fin quasi alla fine, quando sarà proprio Matteo a non farcela più.
ONORE O ONESTÁ?
Sfuggendo al luogo comune generalista che avrebbe voluto questa serie diventare, strada facendo, il solito melodramma sentimentale velato di patinate atmosfere criminali, «Vostro Onore» è invece un noir ben scritto che riesce a trasformare le vittime in carnefici (e viceversa), portandoci a empatizzare, di volta in volta, sia coi malavitosi che coi protagonisti, dilatando il concetto di umanità ed evitando facili scorciatoie manichee che avrebbero infilato il racconto in un cul-de-sac moralista.
Accorsi è credibile, a tratti camaleontico, il suo viso trasmette la lucida ferocia di un padre altrimenti fragile che sfodera cinismo e determinazione per difendere suo figlio, mentre Matteo riesce a nascondere dietro una sbadata bonomia adolescenziale, una nemesi che prenderà forma sul finale, gettando sul suo personaggio una luce completamente diversa.
L’interrogativo che preme dietro i dialoghi serrati e un’azione ben scritta, è il dualismo fra valori assoluti, perfettamente incarnati dalla figura morale per definizione che è, o dovrebbe essere, quella di un magistrato, e quelli relativi, dati dall’affetto e dalla cura parentale, a maggior ragione rappresentati da un vedovo: come nel miglior Camus, si insegna a un figlio a non mentire ma poi lo si istruisce sul come farlo per salvarsi la pelle, contraddicendo il proprio codice etico-deontologico.
Già in Fenoglio si parlava del fatto che un buon partigiano deve essere pronto ad accusare un affetto, se collaborazionista dei fascisti, ma qui si parla di tutelare il figlio di criminali al cui arresto si è contribuito pochi anni prima e il quesito, il medesimo di un chirurgo che dovrebbe salvare la vita di un assassino coinvolto in una sparatoria, o di un avvocato che dovrebbe rappresentare un pedofilo o una stragista dichiarato, apre il secolare dilemma fra cerchia parentale (cui fare scudo), o morale universale.
La serie ha ovviamente dei difetti: Milano diventa uno sfondo e l’intreccio criminale fra i due clan è tra lo stereotipato e il superficiale, dimostrando che il successo di franchise come Gomorra non è stato casuale, così come è poco credibile l’intreccio di parentela fra i Gravina e Salvatore Berto, il poliziotto amico di Vittorio e, inoltre, la metamorfosi da onesto giudice in trasformista in grado di depistare le autorità funziona solo sul piano probatorio, ma non su quello del sangue freddo.
Non mancano eccessi di sentimentalismo e alcuni vuoti narrativi che non elencherò per evitare l’effetto spoiler, ma Vostro Onore è una storia che funziona perché gioca, anche semanticamente, sul concetto d’onore: c’è quello criminale, di stampo mafioso, sempre più ornamentale rispetto alle ciniche logiche pecuniarie, quello del figlio che deve difendere il buon nome dei genitori, e quello di un magistrato che deve scegliere se portare rispetto alla toga che indossa, e per la quale ha giurato fedeltà, o se tradirla per non rovinare la vita di un congiunto.
Onestà o onore?
Nel linguaggio giuridico tardo-medievale all’onore cavalleresco, di base fondato sul duello, si contrapponeva l’onestà sociale che apriva la strada al giusnaturalismo e alla società civile: nell’attuale società, imperniata sull’individualismo narcisista e sulla difesa corporativa del proprio mondo, ben sintetizzata dalla customizzazione commerciale, i valori si contrappongono all’astuzia, e la tematica sviluppata dal prodotto Rai fiction si ripropone nei quotidiani scontri fra genitori e professori, nelle recenti risse nei Pronto Soccorso o, da decenni, nelle curve calcistiche d’ogniddove.
Ogni volta che un parente o un affetto diviene più importante di un valore universale che ha sagomato la nostra esistenza, la logica mafiosa, strisciante e per niente semplice da districare, si attorce come un fastidioso rampicante al concetto di onestà, insinuando il velenoso fascino dell’onore.