Il 17 novembre scorso, con 159 voti a favore, 53 contrari e 34 astenuti, la Camera ha approvato il disegno di legge che vieta la produzione e commercializzazione della carne coltivata in Italia, ed anche il «meat sounding», ovvero l’utilizzo di termini come «bistecca» o «salsiccia» per prodotti a base di proteine vegetali: la faccenda è tutt’altro che modaiola o di costume, visto che sono previste sanzioni da 10 000 a 60 000 euro, e che lo stesso giorno dell’approvazione il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha aggredito fisicamente un esponente di +Europa, Benedetto Della Vedova, reo di aver esposto davanti a Palazzo Chigi il «provocatorio» cartello: «Coltivate ignoranza».
La legge, bandiera della destra e del Ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, osteggiata da + Europa, M5S e dalla Sinistra, ad eccezione del Pd che, tranne per il voto contrario dell’ex ministro Enzo Amendola, si è astenuto, aspetta adesso il parere dell’Efsa (L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), mentre il Quirinale ha suggerito di inserire un riferimento per l’Europa, e il Governo stesso si riserva di sottoporre il provvedimento all’esame dell’Ue, attraverso la procedura TRIS.
Al mondo al momento le aziende che realizzano carne coltivata sono l’israeliana Supermeat, la Primeval Foods britannica (che lavora, esoticamente, bistecche di leone, hamburger di tigre, prosciutto di giraffa e sushi di zebra), e ovviamente la «Eat Just» statunitense, che rifornisce più di un ristorante a Singapore, oltre alle «Upside Foods» e «Good Meat» che da giugno, grazie al nullaosta del Dipartimento dell’Agricoltura, collaboreranno rispettivamente con il Bar Cream di San Francisco e col China Chilcano di Washington D.C.: si tratta, complessivamente, di oltre 150 aziende al mondo per un fatturato globale di 896 milioni di dollari solo nel 2022.
COS’É LA CARNE COLTIVATA?
Da un animale adulto e vivo, sotto anestesia, si preleva tramite biopsia un campione di cellule staminali (dette «cellule starter» perché hanno il potere di crescere, dividersi e diventare grasso e muscolo), poste poi in un germinatoio e immerse in un mezzo di coltura formato da sostanze nutritive e fattori di crescita; una cellula si scinde in due, poi in quattro e da lì esponenzialmente e in termini temporali davvero ridotti in miliardi di unità che vengono posizionate in un’incastellatura di gelatina e sagomate a strati in forma di fibre muscolari, la cui struttura va dalla semplicità di hamburger, crocchette e salsicce alla complessità di una lombata, con grasso, cartilagine e muscolo nelle giuste proporzioni.
Più precisamente, le cellule animali possono essere prelevate sia da un esemplare vivo che da uno appena macellato, oppure estratte da un ovulo appena fecondato e il procedimento successivo, che somiglia alla produzione della birra ma in proporzioni molto più grandi, si serve sia di staminali (che sviluppano tutte le parti dell’animale) che di cellule-satellite (che rigenerano e riparano i muscoli), anche se il vero miracolo è quello delle cellule dette «immortali», e cioè quelle che attraverso una mutazione genetica sono in grado di moltiplicarsi all’infinito senza ulteriori biopsie.
Il risultato finale, eliminato il liquido di mangime rimanente, è carne simile al macinato ma con fibre lunghe e che viene compattata sottovuoto.
Ma quali sono i pro e i contro?
L’industria mondiale dell’allevamento produce più gas serra della somma di ogni trasporto sul pianeta, partendo dal presupposto che le emissioni derivano dalla produzione del mangime animale, dalla conversione di foreste e pascoli in foraggio e terreni coltivabili, e dal metano della digestione del bestiame: per snocciolare qualche cifra, e bisogna sempre ricordarsi di aggiornarle tutte al rialzo, nel 2016 le tre maggiori aziende produttrici di carne al mondo hanno immesso nell’atmosfera una quantità di gas serra superiore a quella dell’intera Francia, al punto che attualmente ad ogni 100 grammi di carne corrispondono 105 chili di gas, e che l’agricoltura industriale genera da sola oltre il 50% delle emissioni globali;
Il secondo fattore favorevole alla carne coltivata, oltre a quello della drastica riduzione delle emissioni di gas serra, è quello del massiccio utilizzo di antibiotici somministrati al bestiame: anche se in Europa il fenomeno è meno diffuso, il 52% degli antibiotici prodotti in Usa e il 72% di quelli utilizzati in Cina (che ogni anno producono da sole il doppio della carne della Ue) vengono usati su animali che non sono nemmeno malati, e questo perché ingrassino più velocemente, ma anche perché sopravvivano alle terribili condizioni cui sono sottoposti negli allevamenti intensivi, almeno il tempo sufficiente per giungere sulle nostre tavole. Il risultato è che molti antibiotici hanno smesso di funzionare perché, assumendone tantissimi tramite la carne ingerita, abbiamo trasformato i batteri, ormai assuefatti, in superbatteri, e si calcola che di questo passo, prima del 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe uccidere fino a dieci milioni di persone l’anno;
Il terzo principio che rende «appetibile» la carne coltivata è di una disarmante semplicità: una dieta carnivora è un metodo assai poco efficiente per assumere calorie poiché, invece di ricavare energia dalle piante, la prendiamo da animali che la prendono dalle piante;
Il quarto fattore è l’acqua: occorrono 43 000 litri d’acqua (potabile e di servizio) per ottenere un solo chilogrammo di carne bovina, 112 litri per un grammo di proteine bovine e 57 per quelle suine: per non parlare poi dell’inquinamento e contaminazione delle acque d’irrigazione da parte degli animali di allevamento, visto che letame e fertilizzanti colano nei bacini di rifornimento idrico (entrofizzazione), facendo oltretutto proliferare alghe che soffocano altre forme di vita acquatiche;
Il quinto fattore è la terra: l’80% del suolo agricolo terrestre è usato come pascolo per animali o per coltivare il foraggio a loro destinato, invece che per le piante destinate al consumo umano: dei ricercatori della Oxford University hanno calcolato che, se smettessimo all’improvviso di mangiare carne e latticini, ridurremmo del 75% i territori agricoli del mondo, riuscendo comunque a sfamare il pianeta;
L’ultimo fattore, ma non in ordine d’importanza, è che la carne causa infarti, disturbi cardiaci, obesità, salmonella, listeria ed Escherichia Coli.
Ma quali sono i contro?
Secondo degli studi, sempre effettuati dall’università di Oxford, l’energia necessaria a produrre carne coltivata è cinque volte superiore rispetto al carbonio sprigionato per la produzione dell’equivalente quantità di carne; i teologi, invece, stanno ancora cercando di capire se la carne sintetica sia halal o kosher; la maggior parte dei vegani solleva obiezioni di tipo etico, nonostante la carne coltivata tolga di fatto gli animali dal processo produttivo; il gusto e le qualità organolettiche della carne sintetica sono ben lontane da quelle della carne vera; la carne prodotta in laboratorio è ancora molto costosa e, nonostante l’ottimismo degli operatori di settore, si calcola che per arrivare a una reale competitività di mercato si dovrà aspettare almeno il 2030; le staminali bloccano alcuni geni, come il P53, che frenano lo sviluppo di cellule tumorali.
Eppure, l’obiezione etica meno pubblicizzata è forse quella più cruenta, e fa riferimento al mezzo di coltura: non esistono ancora al momento efficaci mezzi di coltura vegetali, quindi i ricercatori si servono del siero fetale bovino (Fbs), che si estrae infilando l’ago nel cuore di un feto di vitello appena tolto dall’utero della madre, drenandone il sangue per cinque minuti fino a provocarne la morte, e dopo si prende il siero.
Nel 1985, nel secondo disco degli Smiths, quello la cui cover ritraeva il marine Michael Wynn con la scritta sull’elmo «make war not love» provocatoriamente modificata in «meati s murder», Morrissey cantava: «sai come muoiono gli animali?…oh, e chi sente quando gli animali piangono?».
I lamenti campionati dei mattatoi sarebbero il miglior deterrente contro il consumo intensivo di carne, più di qualsiasi campagna informativa.
Diceva Tolstoj alla fine dell’Ottocento: «se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani».