In Italia ci sono due tipi di fascismo…

da | Feb 27, 2023 | IN PRIMO PIANO

Alla luce dei recenti avvenimenti di Firenze, si è riaperto l’annoso, animoso, e un po’ demodé, dibattito su fascismo e antifascismo, con titoloni in grassetto sui maggiori quotidiani nazionali, levate di scudi da parte di docenti e studenti a favore della preside Savino e richieste di dimissioni dell’incauto ministro Valditara che, dopo l’esternazione sull’ «umiliazione formativa», non sta certo godendo di grande popolarità fra i giovani e giovanissimi discenti.

Tra la celebre frase di Flaiano: «In Italia ci sono due tipi di fascismo: il fascismo e l’antifascismo» e quella del Duce stesso: «io non ho creato il fascismo, l’ho tratto dall’inconscio degli italiani», dov’è la verità? Esiste davvero in Italia quella deriva violenta e destrorsa che il Ministro dell’Istruzione e del Merito con tanta forza ha negato?

Durante la campagna per le politiche del 2018 è circolata a lungo, e spesso è stata riproposta in seguito, una citazione del Pasolini dei tempi di Petrolio, datata 1973 e rivolta ad Alberto Moravia: «Mi chiedo, caro Alberto, se questo antifascismo rabbioso che viene sfogato nelle piazze, a fascismo finito, non sia in fondo un’arma di distrazione che la classe dominante usa su studenti e lavoratori per vincolare il dissenso. Spingere le masse a combattere un nemico inesistente mentre il consumismo moderno striscia, si insinua e logora la società già moribonda.»

Questo frammento, letto durante un comizio persino da Salvini, e divenuto ovviamente un meme del centro-destra, tanto più perché proveniente dal simbolo del marxismo critico italiano, potrebbe essere in realtà un fake perché non se ne trova traccia nella sterminata produzione saggistica del poeta-regista di Casarsa, ma anche per l’uso della locuzione «arma di distrazione», emersa per la prima volta in inglese («weapons of mass distraction»), solo nel 1997; eppure, la «finta» citazione infila il proverbiale dito nella piaga, poiché se l’antifascismo è solo un modo per veicolare il consumismo 2.0, il fascismo, coi suoi riti e i suoi valori patriarcali, è realmente finito?

A risponderci, profeticamente, è proprio P.P.P. (quello vero stavolta) nel frammento 126 dell’opera-monstrum Petrolio: «[…] i loro slogan mentali classici, come «Dio, Patria, Famiglia» erano puro vaneggiamento. I primi a non crederci realmente erano loro […] erano dei miseri cittadini, ormai presi nell’orbita dell’angoscia del benessere, corrotti e distrutti dalle mille lire di più che una società «sviluppata» aveva infilato loro in saccoccia».

La dicotomia pasoliniana fra una sinistra progressista e un fascismo arcaico, entrambi fagocitati dall’omologazione edonista del Capitalismo è ancora valida? Sono scomparsi questi relitti ideologici del Novecento, alternativamente resistono dietro la tecnolatria imperante e il verbo del massimo profitto nel minor tempo possibile, oppure ambiscono a risorgere nel vuoto valoriale incombente?

FIRENZE

Il 18 febbraio scorso, a Firenze, davanti al liceo classico Michelangiolo, sei appartenenti all’organizzazione studentesca di destra Azione Studentesca (nell’orbita di FdI), dopo essere stati provocati da due coetanei di un collettivo di sinistra che indirizzavano il loro lavoro di volantinaggio verso il cestino, li hanno presi a calci e pugni.

Mentre gli inquirenti indagano, la Digos perquisisce gli alloggi dei ragazzi a Firenze e Fiesole, e sembra ci siano dei precedenti fra i due gruppi, la preside dell’Istituto, Annalisa Savino, è finita al centro delle polemiche per la lettera aperta indirizzata a studenti e genitori, personale ATA e docenti, e inneggiante all’antifascismo.

La missiva, contro ogni forma di violenza ideologica e con una citazione di Antonio Gramsci («Odio gli indifferenti»), attacca chi «onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare i muri», e ha fatto molto arrabbiare il Ministro Giuseppe Valditara che, a caldo e intervistato a Mattino 5, ha replicato: «È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla […] in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista […] se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure.»

Nel silenzio di Giorgia Meloni, che comunque sembrerebbe aver riprovato ufficiosamente le dichiarazioni del Ministro perché alzerebbero i toni della polemica e della contrapposizione politica (portando Valditara all’indiretto passo indietro: «mai parlato di sanzioni»), ha fatto scalpore, a pochi giorni dall’accaduto, l’appello di Mattarella proprio al Quirinale e di fronte allo stesso Ministro dell’Istruzione, alla solidarietà e all’impegno comune come antidoti alle molteplici forme di violenza che si stanno manifestando in tutta Italia, soprattutto in riferimento agli avvenimenti di irenze.

Ironizza parte della sinistra (il deputato dem Alessandro Zan ha dichiarato: «ora il Ministro dell’Istruzione minaccia provvedimenti contro il Capo dello Stato?»), mentre Cgil, Cisl, Uil e diverse associazioni, dall’Anpi all’Arci, stanno organizzando una manifestazione il 4 marzo, partita dal basso per sostenere la preside Savino, sostegno che le arriva anche da una lettera di vicinanza sottoscritta da più di 300 genitori dell’Istituto Michelangiolo.

Fabrizio Rossi, coordinatore per la Regione Toscana di FdI, minimizza l’accaduto definendolo «una scaramuccia tra ragazzi», ma ipotizza la possibilità di punire i colpevoli del gesto se perverranno responsabilità accertate, laddove la Lega sottolinea la candidatura della Savino alle primarie Pd a Empoli 14 anni fa (come se la professione di antifascismo dipendesse dalla propria fede politica, e non da un generalizzato impegno democratico e spirito civile).

Nel frattempo, sono stati 15 gli istituti della capitale a mobilitarsi in sostegno della dirigente Savino e contro il Ministro dell’Istruzione, mentre al liceo Tasso venerdì mattina si è sfiorata la rissa per dei volantini distribuiti dal Collettivo Generazione Popolare che titolavano «Basta odio antifascista», condannando «gesti meschini e senza alcun significato politico», come quello di bruciare la corona di alloro posta a Villa Chigi in ricordo di Paolo di Nella, ventenne vittima dell’odio antifascista.

La preside Savino non ha voluto commentare la replica e la controreplica di Valditara, mentre l’ANP (Associazione Nazionale Presidi) ne ha difeso il pensiero riconducendolo al perimetro del suo mandato educativo, e lodandone l’esposizione contro l’indifferenza e l’omertà che in questi casi sono sempre dannose; un ultimo importante commento è stato quello di Dirigentiscuola, che ha ricordato al Ministro dell’Istruzione e del Merito «che non ha alcun potere disciplinare nei confronti di un dirigente».

La vicenda, facilmente strumentalizzabile e mediaticamente incendiaria, andrebbe inserita in un contesto di violenza crescente, che esula dall’odio politico e dal reato di apologia di fascismo (e dal suo contrario, non meno pericoloso), e che, soprattutto dal punto di vista giovanile, rappresenta tutta l’impotenza e la frustrazione della generazione Z nei confronti di una realtà e di un futuro sempre più distanti dalla retorica a lei indirizzata.

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