Propaganda e odio: la violenza e il sacro

da | Set 12, 2022 | IN PRIMO PIANO

Da maggio a luglio 2022 l’Unar (l’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali) del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha registrato quasi settecento episodi di discriminazioni, 457 in luogo fisico, 214 in ambito virtuale: 299 le persone aggredite in quanto «stranieri», 45 per il colore della pelle, 54 per antisemitismo e 126 per omotransfobia, ma nel novero della discriminazione sono inseriti anche 96 casi di religione e 92 di disabilità.

Eppure questi numeri, tracciati tramite segnalazioni al sito web dedicato, alla mail e al numero verde (800901010), non riportano la reale entità dell’odio sviluppatosi in Italia negli ultimi mesi, nemmeno l’under-reporting dell’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), che non raccoglie reali notizie di reato ma solo le segnalazioni ulteriori che la vittima ha facoltà di inviargli, oltre e separatamente alla regolare denuncia o querela presentata presso le autorità di prossimità.

Lo stesso Ministero dell’Interno afferma: «i dati relativi alle segnalazioni Oscad non consentono di valutare il fenomeno dei crimini d’odio da un punto di vista statistico […] i dati comunicati non forniscono un quadro avente valore statistico sul fenomeno in Italia: incrementi e diminuzioni dei dati comunicati non sono correlabili con certezza a una proporzionale variazione dei crimini d’odio nel Paese.»

In altri termini, bisogna considerare una non trascurabile percentuale di discriminati che non denuncia né segnala, per paura di ritorsioni, per vergogna, per possibili mobbing a posteriori (se il fattaccio è avvenuto in un contesto lavorativo) o per la strisciante, e indotta, convinzione di aver meritato quel deprecabile gesto: esiste insomma un nero anche in questo ambito, esistono dei sommersi che non vogliono essere salvati (o che non pensano di averne diritto), un’invisibile e per questo consistente schiera di scandali minori (da skàndalon, inciampo) che, nell’etimo, ostacolano il corretto sviluppo della democrazia.

DEVIANZA E MUTAMENTO

Si va dai due ragazzi di origine marocchina cui è stata rifiutata l’alternanza scuola-lavoro da un’azienda friulana, proprio per la diversità delle loro origini, passando attraverso le minacce all’arma bianca subite dalla storica attivista Lgbt Porpora Marcasciano da un branco sulle coste adriatiche lo scorso 24 agosto, fino alle scritte antisemite sui muri de la Sapienza rivolte ad Emanuele Fiano, figlio del reduce di Auschwitz Nedo Fiano, e fresco candidato Pd a Sesto San Giovanni: tutti sintomi di un’arretratezza, politica e culturale, che sembra aver infettato una nazione storicamente attraversata, dominata e piacevolmente ibridata da mille contaminazioni e che ora, complice un periodo storico di triste deriva novecentesca, s’è desta in nome di pericolose perifrasi come «primato nazionale» o «sostituzione etnica».

Ma rispetto al nazionalismo totalitario che fu, subentrano angoscianti elementi di post-modernità che non possono essere sottovalutati: la rivoluzione sessuale, fluida e culturalmente non ignorata dai mass-media, che sembra minacciare il retro-pensiero della famiglia naturale e che si limita semplicemente a certificare ipso facto l’esistenza di nuove forme d’amore, non procreative ma non per questo meritevoli di censura o autocensura (vedi la recente e un po’ paradossale polemica di FdI su un episodio di Peppa Pig, reo di diffondere la cultura gender nelle scuole), per non parlare del valore amplificativo della Rete nel comune dibattito sociale, strumento usato e spesso abusato dai leader politici di ogni classe e livello.

Eppure la macchina dell’odio presenta, dietro la scintillante e venefica carrozzeria, meccanismi tristemente noti agli addetti ai lavori: le recenti campagne politiche di molti stati europei, fra cui l’Italia, promulgano un nostalgico sentimento di passato nazionale che si contrappone sia a nemici interni (èlites) che esterni (nazioni o sigle sovrannazionali), oltre che a migranti, movimenti Lgbtqi+e minoranze etniche, compiendo un’operazione culturale, e semantica, che potremmo definire «naturalizzazione delle istanze politiche».

La classica famiglia eterosessuale, fondata sui ruoli naturali di padre e madre, difende la sovranità nazionale e l’integrità territoriale da gruppi concorrenti che ne minacciano oltre alla sopravvivenza fisica anche un sistema secolare di valori condivisi. Diviene «innaturale» e antistorico chiunque metta in discussione tale status quo, e quindi meritevole di violenza, simbolica o reale (ma che trasmessa alla pancia di un paese economicamente alle corde si traduce in una chiamata alle armi di chiara ispirazione fascista, se per fascismo intendiamo la definizione che ne dava Pasolini, e cioè la difesa di un passato ormai cancellato dal caos del divenire).

L’angosciante mantra è quello di un’Italia che depurata d’ogni diversità, ritorni alla normalità.

LA VIOLENZA E IL SACRO

L’architrave del pensatore francese Renè Girard (autore fra gli altri, del seminale «La violenza e il sacro») era il concetto di «desiderio mimetico». L’uomo, per G., non desidera secondo sé, come nella propria versione romanzesca, ma secondo l’imitazione del desiderio dell’altro e la triade soggetto/oggetto desiderato/mediatore (o rivale) determina la triangolazione mimetica che è alla base di qualsiasi scambio intersoggettivo.

Seguendo un concetto caro anche a Lacan, tale desiderio non si esaudirà mai perché non appena posseduto l’oggetto del rivale il soggetto ne sarà insoddisfatto cercando nuovi rivali e nuovi oggetti (scacco della ripetizione), fino a rappresentare dentro di sé un’idea masochista di oggetto così perfetto da divenire irraggiungibile.

Da questa impasse si esce contraddicendo il complesso edipico di Freud attraverso la consapevolezza che il bambino non desidera, come libido, sua madre ma che tale smania è derivativa della voglia di sostituirsi, per imitazione, al padre: riportando il tutto al Girard-pensiero, il soggetto non vuole l’oggetto desiderato ma desidera diventare il mediatore.

In una società strutturata, la rivalità mimetica passa dal «tutti contro tutti» al «tutti contro uno» e attraverso il linciaggio di una vittima arbitraria, successivamente ritualizzato simbolicamente in una fitta credenza di divieti/riti di tipo religioso, si verifica quella catarsi che permette alla società stessa di sopravvivere, non essendo provvista di quell’istinto di conservazione tipico delle società animali (dominance pattern).

«La vittima è sacra in quanto non deve essere sacrificata ma non può divenire sacra se non viene sacrificata».

Nell’attuale società globalizzata (anche se la minaccia ecologica potrebbe ridurla a un nuovo feudalesimo) la rivalità mimetica è sempre interna e soggetti e rivali si scambiano di posto continuamente: l’erosione della dimensione religiosa e la rimozione della catarsi tragica data dal voyerismo mediatico hanno portato al riemergere del sacrificio in senso stretto, che non permette alla società di normalizzarsi ma solo di rinnovare la propria crisi all’infinito.

Testimoniare l’inutilità di questa violenza sacrificale significa sottrarsi allo scandalo della croce, rielaborando ogni conflitto sul piano simbolico-culturale e non su quello perturbante della rappresentazione della morte.

Ogni diversità è retrattile, come il coltello che cerca di estinguerla.

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