La rivoluzione digitale, con l’infinita moltiplicazione dei contenuti reperibili in Rete, unita alla pandemia che ha ridisegnato, e ridisegna, il concetto stesso di istruzione, passando attraverso il conflitto in corso che costringe a considerare la Storia non più solo come un affascinante medicinale da bancone con cui curare i postumi della Modernità, ma come un prezioso strumento di analisi del Presente e di previsione del Futuro, gettano sempre più luce sul ruolo centrale dell’educazione, non solo come elemento di rinata socialità dopo il black out globale, ma anche come antidoto a un’evidente polarizzazione del Sapere.
Contro il formarsi di nuove oligarchie detentrici di una cultura iper-specialistica a costi proibitivi, ha senso tornare al pensiero di pedagogisti che hanno speso la propria esistenza in funzione di un’istruzione laica e garantita a tutti, con metodi innovativi e dinamici che si scagliavano contro un’educazione gerarchica e immobile, edipica e controriformistica.
CÉLESTIN FREINET
Célestin Freinet nasce a Gars da una famiglia contadina numerosa e molto povera, e sin da giovane alterna al lavoro nei campi l’amore per lo studio, recandosi fino a Grasse e a Nizza, ma tornando sempre sulle Alpi Marittime, che resteranno il punto di riferimento e la pietra di paragone della sua esistenza.
Nel 1915 viene chiamato a combattere nel Primo Conflitto Mondiale e prima di essere ferito a un polmone e dichiarato grande invalido di guerra, riesce a conseguire il diploma di maestro elementare, col quale abbandonerà il Sanatorio per far ritorno a casa.
Legato a un’idea d’insegnamento laico, fortemente corroborata dallo studio del marxismo, approfondito durante la convalescenza nell’ospedale militare, Freinet si dedica alla pedagogia di Pestalozzi, Cousinet, Ferriére e Claparéde e, quando nel 1920 ottiene la cattedra di maestro a Bar-sur-Loup, inizierà ad applicare la propria idea di istruzione (ancora da affinare ma già delineata) a un sistema educativo antiquato e bisognoso di riforme.
Nel 1926 si sposa con Élise che diverrà, oltre alla compagna d’una vita, la sua preziosa collaboratrice, e nel 1935, dopo la brutta esperienza avuta con la scuola pubblica di Saint Paul, che gli aveva negato i fondi necessari ad attuare la propria personale rivoluzione, fonda a Vence l’École Freinet, una scuola cooperativa, indipendente e privata, legata alla Cooperativa di Insegnamento Laico (Cooperative de l’Eneignement Laic, CEL), precedentemente creata nel 1928 allo scopo di raggruppare tutti gli insegnanti interessati a conoscere i suoi studi e a scambiarsi del materiale didattico.
Tale secessione dalla scuola tradizionale porrà le basi per la costruzione de L’École Moderne Française.
Nemmeno la Seconda Guerra Mondiale, che lo vide prima internato quindi partigiano nella Resistenza francese, ne frenò lo slancio pedagogico visto che già nel 1948 Freinet istituì l’ICEN (Institut Cooperatif de l’École Moderne) e nel 1957 la FIMEM (Féderation International des Mouvements de l’École Moderne), allo scopo di creare un ideale luogo di dibattito per gli educatori volto a riformare il mondo scolastico ai fini dell’attuazione del diritto di tutti all’istruzione.
TEMATICHE
Freinet è riconosciuto come il fondatore della pedagogia popolare, promotore della scuola attiva, dell’educazione nuova e delle relative scuole. Ma cerchiamo di delinearne il pensiero in modo quanto più possibile schematico.
- PEDAGOGIA POPOLARE: nasceva per riscattare socialmente gli alunni più poveri o provenienti da contesti sociali degradati. Ovvio che l’origine stessa del pedagogista, rurale e poverissima, contribuì non poco ad orientarne gli studi in tale direzione;
- PERCORSO NATURALE A TENTONI («tâtonnement», in francese), e cioè un apprendimento fondato sull’esperienza, sulla collaborazione coi compagni e su una revisione collettiva degli errori, con la figura dell’insegnante che depone(va) lo scettro dell’autorità sull’altare dell’orientamento;
- Fondamentale per l’apprendimento/insegnamento era l’AMBIENTE SOCIALE del discente, anche per stimolarne gli interessi individuali e capirne i tempi di apprendimento;
- TESTO LIBERO: si trattava di un tema libero scelto in base alle singole inclinazioni degli allievi, senza soggetti imposti né tempi di consegna: dopo aver letto collettivamente tutti gli elaborati, gli allievi e Freinet votavano il migliore che, dopo essere stato corretto e stampato, finiva insieme agli altri nel «libro della vita», preziosa archeologia dinamica del pensiero e sorgente cui attingere per i rapporti epistolari con altre scuole;
- TIPOGRAFIA: introducendo gli studenti alla stampa, Freinet stimolava in loro la curiosità per l’architettura di ogni testo, che veniva smontato e rimontato insieme ai relativi caratteri tipografici, consentendo loro anche una collaborazione a tutto campo, essendo suddivisi in piccoli gruppi di lavoro, per non parlare poi della funzione strettamente critica, visto che comprendere (e correggere) un elaborato prima di stamparlo, sradicava dai ragazzi quella sacralità del testo scritto alla base di un Sapere istituzionale da difendere che Freinet (e non solo) contestava vivamente;
- SCHEDARIO: insieme al libro della vita e al «calcolo vivente» (aritmetica e geometria stimolate da problemi concreti sollevati in classe), lo schedario era un insieme di testi selezionati dai ragazzi cui chiunque poteva attingere per approfondire o verificare i dati; Freinet elaborò anche uno schedario di auto-correzione per permettere ad ogni discente di correggersi da solo in base ai propri ritmi di apprendimento;
- LETTURA: Per Freinet non erano dati né lettura né scrittura senza segno grafico iniziale come bisogno di potenza del bambino che, tramite la risonanza e l’abitudine a ripetere, passava da una fase globale di familiarizzazione con la parola a un ritorno all’identificazione globale, tramite un processo di ricostruzione attiva: questo metodo, analitico, sincretico e globale, donava affetto ed emotività alla parola, scongiurando cortocircuiti linguistici come la dislessia.
Eliminando il predellino dalla cattedra e ponendosi al livello dei banchi degli allievi, portandoli nella Natura o fra le botteghe degli artigiani locali, sostituendo lo schedario ai canonici libri di testo e partorendo una scansione temporale (piano generale, annuale, settimanale e quotidiano) in luogo del programma istituzionale, Freinet ribaltò il tradizionale messaggio educativo plasmando, in modo tutt’altro che teorico, l’impianto didattico dagli interessi dei discenti e non il contrario.
Più di qualsiasi esegesi vale riportare una sua frase: «l’istruzione è obbligatoria […] è anche nella Costituzione. Ma l’apprendimento non si decreta. Non si può decretare che un alunno imparerà; bisognerà convincerlo a voler imparare.