Giocare a calcio a livello professionistico e studiare è possibile? A quanto pare sì, e c’è anche chi riesce a farlo abbastanza bene. I tempi sono cambiati e, rispetto al luogo comune dei «privilegiati in grado di saper dare solo due calci al pallone», ci sono sempre più ragazzi che vogliono approfondire il proprio sapere, pensando non solo al presente, ma anche al futuro.
NUMERI – A supporto di questa tesi, è arrivata nei giorni scorsi un’analisi dell’Associazione italiana calciatori che certifica come attualmente tra Serie A, B e C troviamo il 4,8% dei calciatori in possesso di una laurea. Da queste statistiche, notevolmente cresciute negli ultimi anni, si deduce che ogni squadra abbia almeno un laureato al proprio interno e, sommando i già laureati con quelli in procinto di farlo (e quindi iscritti attualmente a dei corsi universitari) il dato salirebbe al 16,2%.
CATEGORIE – Entrando nello specifico, scopriamo che in Serie A il numero dei laureati equivale al 2% totale dei calciatori, le cui scelte sono ricadute prevalentemente su economia o scienze motorie. In Serie B il dato sale invece al 4,7%, anche in questo caso un alto tasso di laureati in scienze motorie (2,4%), mentre i restanti hanno scelto economia del management (0,7%), l’1% il percorso in economia semplice, mentre lo 0,3% ha preferito concentrarsi su psicologia o giurisprudenza.
In Serie C si arriva addirittura al 5,7%, anche qui con una predominanza di laureati in scienze motorie (3,4)% ed economia (1,7%), e con una percentuale bassa ma non trascurabile di facoltà come Scienze Politiche, Giurisprudenza ed Ingegneria.
FUTURO – Al momento i calciatori professionisti iscritti a un corso di studio corrispondono all’11,2%.
In Serie A raggiungono il 5% del totale e propendono quasi tutti per Scienze Motorie (1,8%) ed Economia (1,3%), mentre si contano comunque iscritti a Scienze politiche (0,9%), Giurisprudenza e Sport Management (0,5%).
In Serie B la percentuale di atleti iscritti all’Università sale al 7,6% del totale, con poco meno della metà (3,2%) alla facoltà di Scienze Motorie, l’1,8% a Economia e lo 0,7 % a Sport Management, mentre si registrano alcuni iscritti anche a Psicologia, Scienze Politiche, Ingegneria, Lingue e Marketing.
A contare il più alto tasso di calciatori iscritti a un corso di laurea è il campionato di Serie C, con una percentuale pari al 14,6%: anche qui il corso che va per la maggiore è Scienze Motorie (7,9%), seguito subito dopo da economia (2%). Meno diffusi i corsi di Architettura, Giurisprudenza, Psicologia, Ingegneria, Scienze dell’Alimentazione, Agraria. Fisioterapia, Informatica e Biologia, che contano meno dell’1% di iscritti.
Non è un caso che la categoria col più alto tasso di laureati (e iscritti) sia la Serie C, dove gli stipendi sono più bassi, ma negli ultimi anni sta cadendo il tabù del calciatore “ignorante”, non più accettabile in una società in cui anche il calcio richiede una sua cultura, se non per il presente quantomeno per la sicurezza di un futuro migliore, soprattutto per chi non gode del lusso sfrenato dei top players.
La nuova lotta di classe (turistica)
C’erano una volta le classi agiate che vivevano di rendita e disponevano illimitatamente del tempo libero («leisure time») organizzando dei «Grand Tour» in giro per il mondo che poi divenivano libri o album fotografici da esibire durante un tè o fumando tabacco...