Le nuove riforme, le chat scolastiche e il declino del Classico: il futuro a breve termine dell’istruzione italiana

da | Mag 10, 2022 | IN PRIMO PIANO

Sono ancora calde le braci delle recenti polemiche sulla riforma del reclutamento e della formazione insegnanti in fase di approvazione tramite decreto dell’Esecutivo, e bocciata quasi integralmente dai Sindacati, e già il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è proiettato nel futuro, con nuove riforme legate sempre al Pnrr, una delle quali ferma da mesi in Parlamento e con un’idea ispiratrice che si agita dentro di lui sin dai tempi della pandemia.

Nel frattempo, inserita in un dibattito di più ampio respiro che riguarda l’uso dei social ai tempi della didattica 2.0, la polemica sulle chat scolastiche, secondo alcuni indispensabile strumento di lavoro, per altri discutibile risorsa di dubbio valore morale, ripropone il tema di come coniugare le nuove frontiere digitali a un sistema di apprendimento dilaniato fra un’obsolescenza sistemica e lo stimolo a perseguire un’innovazione che però manca di adeguate infrastrutture, e del necessario salto di paradigma culturale.

Infine, il declino dei licei classici, sintomo di una cancrena non solo umanistica ma di approccio alla realtà e al mondo del lavoro, che rischia di togliere visione d’insieme ai futuri cittadini del Belpaese.

SCUOLA MEDIA E ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI

Già meno di due mesi fa, intervenendo in diretta sulla pagina Facebook del Corriere della Sera, Bianchi si era espresso così: «La riforma della Scuola Media è assolutamente necessaria. Al momento non è né carne né pesce. Serve una Scuola Media che superi la rigida divisione disciplinare. Che proietti di più il modo di lavorare che c’è stato nella Scuola Primaria.»

Chiedendo aiuto alle Camere (come aveva già fatto durante un’audizione al Senato), il Ministro ha invocato una riforma che dovrà rivoluzionare la formazione continua degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, valorizzando in modo particolare il ruolo di quest’ultimi, che faranno la differenza nel futuro prossimo della scuola secondaria di primo grado.

Estendere i moduli di orientamento anche alla Scuola Media, migliorandone l’efficacia sia sul piano formativo che professionale, è un dovere morale per consentire alle nuove generazioni di valutare scelte consapevoli sul proprio futuro; si tratta di quell’incubazione educativa alla scelta permanente che deve iniziare il prima possibile, e che prepara il terreno alla successiva maturità civica di cui ogni cittadino dovrebbe dare prova.

Anche per ciò che concerne gli Its (Istituti Tecnici e Professionali), Bianchi era già intervenuto a marzo affermando di essere pronto, in tempi brevissimi, ad emanare dei decreti di attuazione per investire i 1,5 miliardi in 5 anni, previsti dal Pnrr, per attuare il sistema degli Its; un primo testo, aveva anticipato, dovrebbe essere presentato alle Camere entro l’estate, con una ratio improntata alla pari dignità tra percorsi liceali e professionali, oltre che alla formazione di un nuovo sistema terziario pantografato su quello scolastico.

Secondo l’idea del titolare di Viale Trastevere, entrambe le riforme dovrebbero vedere la luce entro la fine del 2022, e per ciò che riguarda quella degli Istituti Tecnici e Professionali, si tratterebbe di introdurre anche nel loro piano di studi la filosofia, tema di cui si parla da anni e quasi sempre in maniera divisiva.

Mentre l’opinione pubblica si spacca a metà in merito (con qualche punto percentuale in più per i favorevoli), già un anno fa l’ex sindaco di Venezia, e filosofo, Massimo Cacciari si era espresso negativamente, giudicandola più una manovra di cosmesi culturale, e invocando invece una riforma strutturale del sistema scuola, problematizzando tra l’altro il tipo di insegnamento, se di storia della filosofia o degli elementi di logica.

Al contrario, Umberto Galimberti si era espresso positivamente, rilanciando l’importanza del suo studio anche alla scuola primaria, mentre il Gruppo Filosofia Futura si era distinto suggerendo il potenziamento della filosofia anche al biennio liceale, ai fini dello sviluppo di un pensiero creativo e autonomo nell’era dell’appiattimento digitale.

Proseguendo su questa linea di ragionamento, ha senso parlare di un’infografica dell’Istat, pubblicata lo scorso 2 maggio che, oltre a confermare degli ancora troppo elevati tassi di abbandono scolastico, ha sancito il declino del Liceo Classico nella scelta della scuola secondaria di secondo grado: dal campione analizzato, la maggior parte delle ragazze sceglierebbe il liceo (scientifico il 26%, mentre il classico scivola soltanto al 15%), laddove i ragazzi prediligerebbero gli Its (solo il 6,1% fra loro punta al classico).

Anche i dati forniti dal Ministero sulle iscrizioni 2022, sembrano confermare il sondaggio Istat, componendo uno scenario che, alla luce delle riforme in essere, sembra più voler inserire elementi umanistici nei percorsi tecnico-scientifici che non potenziare direttamente quelli umanistici, rendendo di fatto la filosofia, la letteratura e le scienze sociali degli strumenti per affrontare scenari tecnologici, un ruolo ancillare e decisamente riduttivo nella misura di una realtà sempre più volta al simulacro e alla rappresentazione.

CHAT SCOLASTICHE: FRA RIFIUTO E REGOLAMENTAZIONE

Secondo il recente sondaggio condotto da Skuola.net, con 2000 alunni di scuole medie e superiori intervistati in merito, il fenomeno delle chat scolastiche è tanto più sviluppato quanto si sale di livello, nel senso che alle superiori sono 8 studenti su 10 ad utilizzarle, mentre alle medie si scende al 40%: a differenza di quanto si pensi, e di isolati fatti di cronaca più volti al sensazionalismo e alla facile demonizzazione dei nuovi scenari digitali, ci si scrive sulle chat generali quasi esclusivamente per aggiornamenti e/o chiarimenti didattici, e lo stesso avviene anche per le chat individuali.

È per questo che la maggior parte degli studenti delle scuole secondarie si è detto contrario all’abolizione legale di questo prezioso strumento, soprattutto dopo il suo necessario e inevitabile potenziamento dovuto alla pandemia.

Se da un lato le istituzioni si dimostrano preoccupate per la sostituzione delle stesse ai canali ufficiali di comunicazione fra docenti e discenti, dall’altro la porosità linfatica del sistema comunicativo richiede una maggiore elasticità da parte delle autorità che, invece di opporsi a una realtà già operativa e funzionante (a detta sia degli insegnanti che degli allievi), dovrebbero piuttosto pensare a una regolamentazione che protegga la privacy degli attori coinvolti, che non si basi solo sul buon senso e sullo spirito deontologico.

La sanzione è e sarà sempre meno veloce (e meno efficace) della notifica, e questo sia in ambito legale che digitale.

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