Sin dal primo giorno dell’ultimo anno di scuola, e spesso anche dall’inizio del triennio conclusivo, gli
studenti si sentono ripetere il mantra: «dobbiamo lavorare per l’esame». Tutte le attenzioni, le forze, le
energie si catalizzano e convergono verso un unico obiettivo comune. Negli ultimi anni, però, a causa del
covid e delle misure di contenimento del virus, questo mostro ancestrale chiamato esame sta cambiando
fisionomia, creando un vuoto formativo e preparatorio. Tutti i docenti sanno che per una giusta
performance è necessario sapere, con congruo anticipo, non solo i contenuti ma anche le modalità delle
prove (e i descrittori utili per le valutazioni): cambiare in corsa, ogni anno, le modalità degli esami conclusivi
può comportare un forte disagio nella preparazione (sia per gli studenti che per i docenti) e una
performance poco brillante e sottotono. Nell’auspicio che quest’anno si arrivi a una regolamentazione
precoce ed equilibrata, seguiamo l’excursus degli ultimi anni e il dibattito che vi si è scatenato intorno.
ANNO 2019 – Scioperi, manifestazioni e indignazione degli studenti non sono bastati: il 2019 è stato l’anno
della modifica agli Esami di maturità sancita dal Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, dopo un anno di
procrastinazione. Modifica che ha riguardato l’esame nella sua interezza: il credito scolastico, punteggio
che si acquisisce dalla media degli ultimi tre anni di studio, passava da 25 a 40, dando quindi un maggior
peso al curriculum scolastico e a quanto svolto nel triennio; le prove scritte, da 3 divenivano 2, cambiando
la loro struttura interna. Nello specifico, la prima prova abbandonava il taglio del saggio breve, introdotto
nel 1999, e richiedeva un testo argomentativo; la seconda prova diveniva multidisciplinare per alcuni
indirizzi di studio: l’introduzione delle prove congiunte in matematica e fisica, per i licei scientifici, e di
latino e greco per i classici, è stata molto dibattuta. Accolta con grande entusiasmo l’eliminazione della
terza prova multidisciplinare che riguardava le materie non di indirizzo. Alle due prove scritte poteva essere
attribuito un punteggio massimo di 20 punti mentre gli ultimi 20 punti si sarebbero potuti prendere con la
prova orale, anche questa decisamente rimodulata: abbandonata la tesina, è stato varato il meccanismo
delle buste. Ogni studente, infatti, poteva scegliere una tra le tre buste in cui erano inserite citazioni,
immagini, grafici che sarebbe stati il punto di partenza di un colloquio multidisciplinare. Non mancavano
domande di cittadinanza e sulla Costituzione, e una fase in cui presentare l’esperienza del PCTO (vecchia
Alternanza Scuola/Lavoro).
ANNI 2020/2021 – evaporate le polemiche dell’anno precedente, il dibattito politico si è infiammato sulla
necessità di sostenere Esami di Stato in un clima di emergenza sanitaria. Il Ministro dell’Istruzione del primo
anno dell’era Covid, Lucia Azzolina, sembrava però irremovibile: seppur in modalità diversa (ma non
semplificata) era necessario che i ragazzi potessero ricordare quel momento per tutta la vita. L’esame,
però, doveva assumere nuove fattezze per adeguarsi a un contesto mutato, ma destò perplessità la
lentezza delle operazioni: a inizio maggio i decreti attuativi non erano stati ancora pubblicati, sebbene
circolassero voci in merito ai cambiamenti. Per quell’anno, infatti, si abbandonarono gli scritti e la
valutazione del percorso scolastico passò da 40 a 60 punti mentre il colloquio orale (in presenza)
determinava il 40% del punteggio finale. Per la gestione dell’orale, il sorteggio delle buste passò dal
candidato alla Commissione e venne introdotta la stesura di un elaborato che la Commissione di Esame,
interna per tutti e due gli anni (fatta eccezione per il Presidente), avrebbe assegnato a ciascuno studente
entro la fine di maggio. L’elaborato, inoltre, non era da intendersi più come una tesina ma come una
dissertazione su un tema, da sviluppare con riflessioni multidisciplinari. Questo è stato sicuramente uno dei
vulnus della riforma: l’elaborato, in quanto forma testuale con delle regole imprescindibili (dalla bibliografia
all’apparato delle citazioni) richiede una preparazione e una capacità di collegamento trasversale e
multidisciplinare, che sono sicuramente dei punti su cui la scuola deve ancora lavorare molto.
ANNO 2022 – Cosa ci riserva il nuovo anno? Ad oggi sono poche le certezze: gli scritti, qualora si
svolgessero, partirebbero il 22/6, come da Ordinanza Ministeriale del 22 luglio 2021. L’ordinanza, però, non
equivale a una certezza: il Ministro, infatti, ancora non dà notizie certe e sulla reintroduzione degli scritti c’è
un grande scontro fra chi vorrebbe (come lo scorso anno) la reintroduzione della prova di italiano e chi invece vorrebbe mantenere lo status quo del primo anno covid. Gli studenti, intanto, si sono già mossi con
una petizione su change.org molto discussa, anche per la sintassi, l’ortografia e le scelte lessicali; quale che
sia il destino dei nuovi Esami di Stato, ci si auspica una soluzione definitiva il prima possibile, per
permettere una preparazione adeguata a tutti (studenti e docenti).
Diritto alla (d)istruzione pubblica
L’articolo 34 della nostra Carta costituzionale recita così: «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti...