La pandemia non ha significato soltanto misure preventive e paura di contrarre il virus: insegnanti e studenti hanno dovuto anche abituarsi a nuove forme di fruizione della didattica, provando a ridurre il gap fra tecnologia e prassi didattica, visti gli indubbi vantaggi che tale binomio può comportare. Una delle questioni primarie dell’agenda scolastica è quindi capire fino a che punto la didattica a distanza sia stata fallimentare e cosa invece si possa trarre di positivo da questa esperienza. In tale prospettiva abbiamo posto alcune domande a un professore di lingua e cultura inglese della scuola (pubblica) secondaria di secondo grado che lavora nel territorio romano e, che per sua scelta, ha deciso di restare anonimo.
Dallo scorso anno la didattica a distanza è stato l’unico strumento che ha permesso agli studenti, di ogni ordine e grado, di continuare a fare lezione nei momenti di lockdown e chiusura legati alle zone rosse. Eravamo preparati a questa innovazione?
Sono anni ormai che molti dei corsi di aggiornamento professionale sono dedicati alla digitalizzazione didattica; a mio avviso, però, l’obbligo della Dad ha fatto emergere il vero problema della scuola italiana: la pratica. Indubbiamente la formazione è importante, ma bisogna capire quanto ciò che si impara nei corsi di formazione diventi poi effettiva abitudine nelle classi. Finalmente si sta intuendo che conoscere la tecnologia è qualcosa di diverso dal sapere usare un proiettore e power point.
C’è stata una differenza tra la Dad di marzo 2020 e quella della fase delle chiusure regionali in base al colore?
In base all’esperienza diretta, ma anche alle notizie condivise con molti miei colleghi di diverse scuole e regioni, le differenze sono state la collaborazione e la coesione. Personalmente ho percepito la volontà del corpo docente di superare le proprie remore (e difficoltà) e di mettere da parte i pregiudizi verso un certo tipo di didattica, soprattutto da parte degli insegnanti con più anni di servizio. Ci sono state sicuramente delle falle e delle problematiche dal punto di vista logistico, ma ho potuto apprezzare professori totalmente scettici in grado di entrare nel sistema della Dad
Quale è, secondo Lei, il maggior limite della Dad?
A mio avviso, la difficoltà principale è (stata) adeguare la valutazione alla modalità di fruizione didattica. Non solo bisogna capire che fare lezione a distanza deve necessariamente modificare le tipologie di verifiche ma anche che la didattica a distanza ha prestato il fianco a nuove modalità di copiatura da parte dei ragazzi, che è forse uno dei punti più critici dell’intero sistema.
Ci può fare degli esempi di strutturazione di verifica in base alla Dad?
La mia materia di insegnamento è lingua e letteratura inglese; non amo metodi ortodossi come guardare fisso la telecamera o alcuni estremismi saliti alla ribalta della cronaca, come una professoressa che era solita bendare gli alunni. Per le verifiche orali, è importante (ma lo sarebbe già nella normale aula di scolastica) fare delle domande meno nozionistiche, che inducano lo studente ad argomentare; in merito alle verifiche scritte, ho optato invece per la stesura di saggi, non ostruendo la consultazione di internet e del libro di testo, a patto che fossero citati in maniera opportuna per evitare il rischio di plagio e, quindi, di verifica insufficiente. Anche insegnare a usare in maniera corretta internet e le relative fonti è assolutamente necessario nella scuola attuale.
Qual è il principale aspetto positivo della Dad?
Tra tutti, paradossalmente, il livello di inclusività raggiunto da ragazzi DSA o con difficoltà relazionali. Non solo ha permesso loro di mettere in risalto la propria preparazione tecnico-informatica, spesso superiore alla media della classe, ma ha anche consentito ai ragazzi più riservati di aprirsi maggiormente, sentendosi più al sicuro fra le mura domestiche. Col ritorno in classe, quell’atteggiamento positivo è continuato, sbloccando in maniera più rapida situazioni che si sarebbero potute protrarre a lungo. Questo era particolarmente evidente nelle ore di educazione civica, in cui i ragazzi e le ragazze hanno dimostrato grande apertura e sensibilità, non avendo paura di esporsi e di dire la propria anche su temi importanti come la questione femminile, l’omosessualità, il ddl Zan, il bullismo e via seguendo.
Quale è, quindi, il suo bilancio complessivo sulla Dad?
Se per Dad intendiamo il corretto uso delle strumentazioni didattiche all’interno del contesto di apprendimento, allora sono totalmente favorevole. La competenza tecnologica è fondamentale per imparare a interagire in un mondo sempre più digitalizzato.
Giuseppe Marino