I dati sulla crisi ambientale (preoccupanti fino a qualche decennio fa ed ora per molti irreversibili), la crisi del Capitale e gli evidenti limiti di un neoliberismo che oltre ad aver eroso la politica sta letteralmente consumando le risorse del pianeta, gli eventi cataclismatici in aumento (basta guardare al recente terremoto di Haiti o alla vertiginosa crescita degli incendi, spesso dolosi, in tutto il mondo) e infine la pandemia come drastica riduzione di domanda e offerta, scacco sanitario globale e impietosa lente d’una fragilità sistemica, tutto questo ha portato più di un analista a parlare di un nuovo Medioevo.
ANALOGIE E DIFFERENZE
Medievalista e storico di fama internazionale, Jaques Le Goff scriveva: «Ai miei occhi il Rinascimento, considerato come un’epoca specifica della storia contemporanea tradizionale, in realtà non è altro che l’ultimissimo sottoperiodo di un lungo Medioevo». Il poeta Chateaubriand, romantico d’eccellenza, definiva l’età di mezzo «l’invenzione di una fantasia potente ma sregolata» mentre lo scrittore André Maurois sosteneva che al Medioevo si debbano due delle peggiori invenzioni dell’umanità: l’amore romantico e la polvere da sparo.
Di recente, in un’intervista rilasciata a Robinson di Repubblica, lo storico Alessandro Barbero ha sfatato il luogo comune del terrore legato all’anno Mille, sostenendo di aver ritrovato contratti d’affitto per la durata di venticinque anni stipulati nel 999 e, dopo aver affermato che ogni periodo storico (in quanto transizione), e in particolare il nostro che vive sotto il segno di una liquidità assoluta, è un Medioevo, ha concluso che la differenza primaria fra la contemporaneità e l’era che secondo i manuali va dalla caduta dell’impero romano alla scoperta dell’America, sta nella smania di sicurezza che ci impone il sistema paranoico globale.
La pandemia, non paragonabile alle pesti degli anni bui in grado di sterminare un quarto della popolazione europea, ha prodotto però un immobilismo geografico tipico di quei secoli e una polarizzazione delle ricchezze tale da cristallizzare lo status quo a vantaggio di pochissime élites, élites non più radicate su diritti ereditari o investite d’un certo fatalismo religioso (Dio ha voluto così), ma in grado di leggere in anticipo il vagito delle minoranze oppresse e di virarlo in profitto senza perdere credibilità internazionale.
L’accenno alla delazione e il macabro (ma necessario) ritorno alla quarantena, hanno rinverdito termini come «monatto» e «untore» e i mensili, più o meno autorevoli, di approfondimento si sono lanciati in un revival fotografico dei medici della peste, sciorinando i numeri dei contagi all’esile ombra di bautte veneziane, rievocando persino la Cecilia manzoniana.
Ma esiste anche un Medioevo immobile, che dall’età di mezzo ha partorito la Terra di Mezzo de «Il Signore degli Anelli» di Tolkien, ispirando saghe e film (su tutte «Il Trono di Spade»), videogiochi e maratone e che col suo paradigma a circuito chiuso ha rassicurato milioni di persone costrette a casa e rapite dai colossi dell’intrattenimento con riscatti mensili di gran lunga meno sanguinari del proverbiale orecchio.
I bestiari medioevali, che descrivevano in chiave allegorica o mostruosa gli animali, spesso illustrati in miniature di pregio, sono tornati di moda flirtando con l’anti-specismo e l’ambientalismo militante, secondo il quale il Covid sarebbe una sorta di flagello caduto sull’uomo per punirlo del suo carnivorismo e della distruttività da locusta: la prossimità fra bestie e uomini, che nell’età comunale trovava il suo apice nei mercati, è riaffiorata tramite cinghiali e cerbiatti, orsi e stambecchi, tranquillamente adagiati in piazze deserte o comodamente acciambellati su uno svincolo autostradale.
Così, mentre la religione cattolica, depotenziata da scandali fiscali e sessuali, e troppo complice col potere laico della scienza (tecnologica e non) per poter continuare a incidere, depone lo scettro a favore d’un volgare misticismo, laddove prima e dopo il Mille dominava le folle con la veterotestamentaria paura dell’Inferno, inventando il Purgatorio e l’equivalente spirituale dei contributi pensionistici, e cioè le indulgenze plenarie, il millenarismo accorcia le distanze con la fine del mondo, talmente sdoganata ormai da divenire un genere: la distopia.
La sepoltura delle vittime nelle fosse comuni e i lazzaretti si associano ai reparti di terapia intensiva troppo gremiti e alle drammatiche immagini delle bare bergamasche trasportate dalla protezione civile, mentre l’irresponsabile rave viterbese ricorda la follia orgiastica de «la Maschera della Morte Rossa» o le inquietanti allegorie infernali di Hieronymus Bosch.
IL MEZZO È IL MESSAGGIO
Quando il massmediologo McLuhan scriveva il rivoluzionario «il medium è il messaggio», simboleggiando come, nell’era delle comunicazioni avanzate sia lo strumento stesso il fine, a prescindere dal contenuto, creava la cornice per questo nuovo Medioevo (e cioè Medium-Evo, età del mezzo e non di mezzo): basta guardare alla recente conferenza stampa dei Talebani che dopo aver preso Kabul, loro che per cultura hanno sempre rifiutato foto e video che in quanto riproduzioni meccaniche di immagini sarebbero un atto di presunzione umana verso il Profeta, hanno subito rilasciato delle dichiarazioni per rassicurare (?) l’opinione pubblica internazionale sulle donne e su altre importanti questioni.
Per scongiurare la caduta dell’Afganistan in un nuovo Medioevo culturale si sono affidati alla madre dei mass media, la televisione: da Talebani a Telebani il passo è stato breve, come quello dalle Crociate alle esecuzioni dell’Isis su You Tube.
Germano Innocenti