Pandemia: le possibili frontiere

da | Ago 12, 2021 | IN PRIMO PIANO

Susan Sontag scriveva che tutti quelli che nascono hanno una doppia cittadinanza, nel regno dello star bene e nel regno dello star male; tutti preferiremmo servirci solo del passaporto buono ma prima o poi ognuno è costretto, almeno per un periodo, a riconoscersi cittadino dell’altro paese.
Se sia o meno il green pass un’ipotesi di passaporto di secondo genere non è facile stabilirlo visto che in molti
sono favorevoli al vaccino ma non al green pass e altri sostengono che si tratti di un obbligo vaccinale travestito ma, mentre i ragazzi si apprestano a tornare a scuola in presenza (seguendo le linee guida che entreranno in vigore dal primo settembre), dopo un’estate di tensioni solo parzialmente mitigate dai trionfi euro-olimpici, la medicina si interroga sul futuro prossimo della pandemia e gli adolescenti abbandonano le trincee domestiche che hanno favorito disagi psichici, insonnia, disturbi alimentari (soprattutto al femminile), ma anche un quieto bozzolo protettivo e iperconnesso che disperano di lasciare per affrontare la vera sfida, dall’immigrazione all’identità di genere, passando attraverso la quarantena: l’altro da sé.

PROTEINE NON STRUTTURALI E SUPERFARMACO – Il genoma del virus Sars-CoV2 si suddivide in geni per proteine strutturali e geni per proteine non strutturali. Per ora soffermiamoci sui secondi: i geni per proteine non strutturali codificano attraverso di esse, che hanno la funzione di guidare i processi di replicazione del virus e tali proteine (dette Nsp), che sono in totale 16, derivano dalla poli-proteina e dalla poli-proteina lab, a loro volta «tagliate» da specifici enzimi virali detti «proteasi».
Un team di ricercatori americani, guidato da Karla Satchell (fra le altre cose, docente di immunologia), ha
studiato di recente, grazie alla cristallografia a raggi x, la struttura tridimensionale della proteina non strutturale Nsp 16, che ha la caratteristica di apportare una piccola modifica al genoma virale in modo che il sistema immunitario non lo noti e che il virus continui a replicarsi senza freni; la dottoressa Satchell ha scoperto che la proteina Nsp 16 è la più conservata nei coronavirus, cioè quella con la minore capacità di mutare (sotto selezione negativa), fattore che la renderebbe un ottimo bersaglio per un farmaco universale, utile a combattere non solo la pandemia corrente ma anche tutte quelle future legate ai coronavirus.
Farmaco e non vaccino, poiché il vaccino istruisce gli anticorpi a concentrarsi sulla superficie del virus ma la Nsp 16, come tutte le proteine, non si trova in superficie e resta dunque invisibile agli anticorpi.
Nell’ipotesi dell’immunologa statunitense, il super farmaco (venduto in spray o in pillole) andrebbe
tempestivamente assunto all’insorgere dei primi sintomi del male o non appena venuti a contatto con una
persona positiva al covid, poiché successivamente sarebbe del tutto inutile, ma la sua forza risiederebbe nel fatto che la Nsp 16 è un enzima diverso dai nostri e quindi il super farmaco non andrebbe a interferire con nessuna delle attività utili al funzionamento del nostro organismo.

VACCINO UNIVERSALE – I geni per proteine strutturali, contenuti nel genoma del virus Sars-CoV 2, producono quattro proteine utili a formarne la struttura e fra queste è in particolare la proteina Spike, ad aver interessato vari ricercatori (Faucci e Baric, su tutti) nel tentativo di creare un vaccino universale anti-coronavirus, la cui costituzione necessita l’identificazione di una regione che sia:
1) comune a tutti i coronavirus;
2) essenziale per la capacità di invadere le cellule umane e replicarsi;
3) presente sulla superficie del virus, così da essere riconoscibile dagli anticorpi.
Oltre agli studi di Faucci e Baric, sono molto promettenti i risultati di una ricerca pubblicata su «Science» che
illustra come il vaccino iniettato su alcuni topi abbia sviluppato anticorpi neutralizzanti contro diverse proteine
Spike, che vari coronavirus usano per attaccarsi alle cellule.

PAOLA CHIAVE: COLLABORAZIONE – Super-farmaco o vaccino universale, in ogni caso i 16 vaccini approvati in tutto il mondo, più altri in via di sviluppo, sono il risultato dell’inedita collaborazione fra industria e ricerca universitaria (in Europa, e in particolare in Italia, decisamente meno finanziata rispetto ad altri continenti).
Se da un lato i notevoli fondi governativi stanziati per la ricerca e dall’altro il miraggio più che tangibile di
faraonici guadagni per le case farmaceutiche, rendono tale amicizia decisamente interessata, dall’altro ci si auspica che la poca chiarezza sulla proprietà intellettuale di ciò che si scopre e l’eccessiva protezione dei dati da parte delle industrie, si sciolgano in funzione di una sperimentazione più comunicativa e trasparente.
La parola d’ordine è quindi collaborazione, ma anche informazione: nell’info-sfera, che celebra il primato della
velocità sulla verità, non è da tutelarsi solo la biodiversità ma anche la bibliodiversità.

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