Sicuramente l’argomento più caldo degli ultimi giorni è il calcio, complice l’inizio dei campionati europei
rimandati lo scorso anno a causa del COVID. Ed è proprio questo sport, e il modo in cui è stato importato in
Germania, l’argomento centrale di Lezione di sogni, film tedesco del 2011, con alla regia Sebastian Grobel.
Senza eccessive pretese dal punto di vista registico, la pellicola si lascia apprezzare non solo per la genesi
teutonica del calcio, ma anche perché si inserisce nel filone cinematografico legato alle prassi didattiche e
alle innovazioni.
LA SCUOLA IN GERMANIA NEL 1874 – Il film è ambientato nella Germania del 1874, nazione in crescita
grazie alla vittoria nella guerra franco-prussiana del 1870, che ne aveva decretato la formazione dello stato
nazionale. Sin da subito appare evidente come la scuola sia uno strumento di propaganda politica e
nazionalistica, con gli studenti dell’istituto maschile Martino-Katharineum, a Braunschweig, intenti a
intonare canzoni suprematiste e partecipi di un contesto conservatore e retrogrado. Le tecniche di
insegnamento sono improntate alla più spinta accondiscendenza dei ragazzi, ai quali viene impartito il
senso dell’ordine e della disciplina anche attraverso punizioni corporali in pubblica piazza, in caso di
comportamenti non conformi alle aspettative. Unica voce fuori dal coro (seppur timidamente) è quella del
preside, iniziatore di due progetti innovativi: il primo coinvolge uno studente proletario che, unico fra
aristocratici, frequenta la prestigiosa scuola in virtù di un’apertura sociale osteggiata dalla fondazione della
scuola e da un gruppo di studenti che lo marginalizza, cercando persino di farlo espellere; il secondo,
invece, è il progetto d’insegnamento della lingua inglese che porterà Konrad Koch, di ritorno da un viaggio
di tre anni in Inghilterra, ad occuparne la cattedra.
DUE MONDI DIFFERENTI – La differenza tra la rigidità del sistema tedesco e lo spirito innovativo
dell’insegnante sono chiari sin da subito: il Comitato infatti esprime, spesso in maniera alacre e pungente,
la propria preoccupazione sulla scarsa importanza accordata dal professore a concetti come puntualità e
disciplina e al suo impartire lezioni che contraddicono lo spirito tedesco: egli criticherà infatti i preconcetti
di cui i ragazzi sono imbevuti («gli inglesi sono barbari che cercano di diventare una potenza mondiale»;
«portano via i neri alle altre nazioni»; «hanno come imperatore una donna»), non pertinenti e comunque
non corrispondenti alla realtà. Emblematico, per delineare lo scontro di opinioni, è il discorso tra il professore e il presidente della fondazione: quest’ultimo, infatti, sottolineando provocatoriamente come il sostentamento del professore dipenda dalla sua generosità, gli ribadisce come disciplina e ubbidienza siano gli unici valori su cui fondare l’insegnamento (o forse sarebbe meglio dire addestramento) dei ragazzi. É di un altro avviso il professore che controbatte come ognuno degli studenti abbia un talento e un potenziale di cui non (si) è a conoscenza ed è, secondo lui, compito della scuola e della società tirarlo fuori. Di fatto però, l’atteggiamento ostile dei genitori si riverbererà in quello degli studenti a lezione, i quali non riescono
inizialmente a capire come imparare la pronuncia del “th” inglese possa essere loro utile in qualche modo.
Come farà il docente a interessare gli allievi alla materia?
IL CALCIO COME STRUMENTO LINGUISTICO E SOCIALE – La svolta per il professor Koch si determina
attraverso una novità assoluta in suolo germanico: il gioco del calcio. Suscitando un interesse immediato
verso una attività divertente e aggregante si stimolano gli studenti a imparare con più facilità; ecco che
studiare le mosse, le formazioni, le regole e i passaggi diventerà il pretesto per esercitarsi sulla conoscenza
lessicale e grammaticale della lingua inglese. La magia dello sport, però, non si esaurisce qui: difatti il
motivo principale che porterà la fondazione e i suoi membri più retrogradi ad osteggiare questa attività sarà il concetto cardine del calcio, e cioè il fairplay, che abbatterà le differenze sociali ponendosi come collante tra i ragazzi. Il professore (definito in maniera denigratoria bevitore di tè) dovrà quindi lottare contro il pensiero reazionario del comitato, che sfrutterà la stampa per una campagna diffamatoria contro il gioco del calcio, definito attività scimmiesca, che sarà addirittura suffragata dalla Chiesa. Come si concluderà la vicenda del professore? Evitando spoiler, senza dubbio il film si apre a tante riflessioni: l’evidente distacco temporale, se si considera che alla nostra didattica a distanza si contrappone un mondo dove la principale innovazione è il primo palo del telegrafo, ci permette di osservare in maniera più distaccata la pellicola, consci che molti dei
valori espressi dalla parte più retrograda del corpo docente non sono più presenti nella scuola da molto
tempo. É evidente però (oltre alla centralità del ruolo dell’insegnante) come il calcio diventi la metafora di
una scuola inclusiva, che punti alla valorizzazione dei singoli più che a lezioni preconfezionate ad hoc.
Giuseppe Marino