In una fase che potremmo definire più gassosa che liquida, pantografando e non parafrasando Bauman, la robotica e l’intelligenza artificiale stanno cambiando le nostre vite per sempre, così come la crescente digitalizzazione sta veicolando una rivoluzione la cui portata è difficile prevedere ma che limitare al solo ambito scientifico (o tecnologico) sarebbe pericoloso oltre che riduttivo.
La geniale ricombinazione semantica del professor Floridi, che ha bypassato il dualismo «on line» e «off line» coniando il termine «on life», che abbatte l’illusoria parete fra connessi e non connessi, ci vara in un nuovo mondo (e l’inversione dei vocaboli introdurrebbe non a caso distopie huxleyane) in cui nessuno ha mai sentito «le balene cantare».
Listening to the «whales singing» è l’espressione usata dagli studiosi di tecnologie digitali per indicare le difficoltà di connessione degli antiquati modem anni Novanta: chiunque abbia sentito quel suono è irrimediabilmente analogico (leggi superato).
L’invito del professore romano, naturalizzato britannico e docente ad Oxford, è al salto di paradigma.
L’IPERSTORIA
La nostra breve (geologicamente parlando) esistenza sulla terra si scandisce in tre fasi:
- Preistoria: totale assenza di tecnologia e/o conservazione dei dati. Primato della memoria orale;
- Storia: evoluzione tecnologica e progresso scientifico. Produzione e conservazione dei dati grazie alla scrittura;
- Iperstoria: è il segmento di evoluzione umana in cui il benessere sociale e individuale dipendono integralmente dalle tecnologie (e dall’innovazione) e dall’utilizzo che se ne fa: essa è caratterizzata dall’accessibilità e pervasività della tecnologia, dall’Infosfera in cui i dati hanno sostituito il valore del petrolio e dalla crescente centralità dei sistemi cognitivi e dell’intelligenza artificiale.
ESSERE O NON ESSERE (ON LINE)?
A ben pensarci l’espressione «Intelligenza Artificiale» è un ossimoro e non rappresenta affatto un matrimonio fra i due vocaboli ma un divorzio in quanto una macchina potrà battere a scacchi qualsiasi essere umano ma non sarà mai «intelligente» in senso lato, così come non sarà mai «artificiale» alcun pensiero.
La crasi aiuta però a definire un mondo in cui la divisione fra reale e virtuale è ormai saltata (già Baudrillard evidenziava quanto fosse sottile quella fra realtà e simulazione, o simulacro) e il professor Floridi utilizza la metafora delle mangrovie che vivono sul punto d’incontro fra acque dolci e salate per indicare il fatto che oggi non ha senso chiedersi (una mangrovia non se lo chiederebbe) se sia dolce o salata l’acqua che ci bagna, e quindi sancire il limite fra reale e virtuale, perché si tratta di acqua salmastra.
Si è passati dall’aneddoto zen di David Foster Wallace col pesce adulto che chiede al più giovane: «com’è l’acqua oggi?» sentendosi rispondere: «cos’è l’acqua?», parabola dell’inconsapevolezza sistemica, alle mangrovie di Floridi che sono talmente consapevoli della propria natura ibrida da non porsi alcuna domanda sull’elemento che abitano.
LE QUATTRO RIVOLUZIONI
Il pensiero umano, secondo il docente italo-britannico, ha vissuto quattro rivoluzioni:
- Rivoluzione copernicana: la terra perde la sua centralità nell’universo;
- Rivoluzione darwiniana: l’uomo non è al centro della natura;
- Rivoluzione freudiana: l’uomo non è al centro del pensiero. Si passa dalla metafora di Cartesio che vedeva la mente come un cesto da cui estrarre idee buone o cattive (mele sane o marce) ai doppi fondi di Freud e della psicoanalisi;
- Rivoluzione dell’Infosfera globale: l’uomo non è più al centro delle informazioni.
La trasformazione digitale non è più soltanto un mutamento strumentale o fenomenologico ma ontologico, in quanto ci costringe a ripensare a noi stessi come dei «data subject» e cioè soggetti portatori (più o meno sani) di informazioni il cui know-how è stato drasticamente appaltato a dei calcolatori. Questi calcolatori comunicano fra loro ed imparano, si evolvono e crescono in un sistema di segni che noi non siamo in grado di decifrare (QR code, codici a barre e via seguendo). Tutto questo ci rende estremamente fragili, e non si sta parlando soltanto di protezione della privacy, al punto di dover fondare una nuova etica e di rendersi conto che la delega alle macchine può essere processuale e mai decisionale; qualcuno si sta giustamente interrogando anche sulle responsabilità (soprattutto penali) dovute agli eventuali malfunzionamenti dell’I.A. nel futuro prossimo (responsibility gap).
UN NUOVO TEMPO
Sempre più centrale è il concetto di Governance legata alle ITC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) che si fonda sull’antica figura platoniana del ciberneta, in grado di guidare la nave in base a una meta prestabilita, senza timore di tornare indietro se si è sfruttato un vento sbagliato, a differenza del populista che segue la corrente.
Il gigantesco sviluppo del digitale (che sostiene l’Infosfera) può e deve agire sulla questione ecologica, sempre più primaria al di là delle connotazioni politiche e dei particolarismi. Concertare le singole governance in questa direzione è l’unico modo per sfuggire ai futuri distopici descritti dalla migliore letteratura (e cinema) sci-fi.
Si deve coniugare un nuovo tempo (anche verbale): il futuro (da) remoto.
Germano Innocenti