Are U.K? – Intervista a Rita, docente e vicepreside, sul sistema scolastico inglese

da | Mag 5, 2021 | IN CATTEDRA

IL PERSONAGGIO – Rita è una docente a capo del dipartimento di matematica e scienze ma anche vicepreside presso una scuola secondaria (alternative provision) britannica. Da più di sette anni insegna in Inghilterra dove sta ultimando un master in pedagogia della matematica presso la University College di Londra, una delle università leader al mondo per la ricerca pedagogica.

Rita, com’è strutturato il sistema scolastico inglese? Puoi farci una breve panoramica?

Certamente. L’avventura formativa di un ragazzo inglese inizia a 5 anni, dall’asilo fino alla scuola primaria, che termina ad 11 anni. Al compimento del dodicesimo anno d’età inizia la scuola secondaria che culmina a sedici anni coi diplomi.

 

Diplomi? Ce n’è più di uno?

Si. Si tratta dei GCSE, acronimo che sta per «Certificate of Secondary Education», che si conseguono all’undicesimo anno complessivo di scuola, e cioè a sedici anni: ce n’è uno per ogni materia scelta, quelle obbligatorie sono Inglese, Matematica, Scienze (una, due o tre tra Biologia, Chimica e Fisica) e lingua straniera, mentre ne esistono altre più o meno facoltative in base alla scelta prevista al nono anno, tipo Arte, Storia, Geografia eccetera.

 

Perché si richiedono più diplomi?

Dopo i sedici anni gli studenti hanno tre alternative:

  • Andare al College dove maturano una sorta di qualifica professionale in materie molto pratiche tipo elettricista, trucco teatrale, idraulico e via dicendo;
  • L’apprendistato;
  • L’ «A Level» e cioè una formazione più accademica che ti prepara all’università.

Tornando alla tua domanda, per il college sono richiesti 3 o 4 GCSE (con Inglese e Matematica obbligatorie), con un voto superiore alla sufficienza, mentre per gli A Level ce ne vogliono almeno 5 e con un voto più che sufficiente.

In Italia, soprattutto negli ultimi anni, e particolarmente durante la pandemia, si è parlato molto di bullismo e cyberbullismo. Ci sono stati episodi frequenti e di gravità crescente. Il sottoscritto ritiene che la digitalizzazione sia una sorta di cassa di risonanza dei fenomeni sociali che ne amplifica la portata in positivo e in negativo, e quindi che il bullismo si è evoluto (o meglio, involuto) in cyberbullismo. Tu cosa ne pensi e soprattutto come vanno le cose in Inghilterra in tal senso?

Il bullismo c’è da sempre ma negli ultimi dieci o dodici anni il fenomeno è cresciuto a dismisura. Gli operatori scolastici si trovano spesso di fronte al problema se espellere o meno chi si macchi di simili comportamenti ma di solito non è questa la strada più battuta, anche perché l’istruzione in Inghilterra è obbligatoria fino ai diciotto anni.

 

Come risolvete il problema? Il sistema educativo inglese è noto per la sua storica severità. Le punizioni corporali a scuola sono state vietate solo a partire dal 1996, con l’Education Act.

La questione è molto stratificata ed è facile giungere a riduzioni di complessità o generalizzazioni. Per ciò che concerne il bullismo e altri disturbi comportamentali, si tratta di una conseguenza se non di una patologia e va trattato come tale. Negli ultimi anni, le scuole inglesi hanno prestato molta attenzione al fenomeno del bullismo e alla prevenzione di quest’ultimo, cercando di dare supporto agli studenti coinvolti in simili episodi (sia artefici che vittime). In particolare, uno degli aspetti centrali della ricerca nel settore educativo inglese è che «il comportamento non è mai una scelta ma un condizionamento culturale e ambientale, se non una conseguenza di una disabilità, o meglio, di una differenza nell’apprendimento ».

 

(continua …)                                                                     Germano Innocenti

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