S.O.S.tegno- emergenza reclutamento e stabilizzazione dei precari

da | Apr 28, 2021 | IN CATTEDRA

Sempre più, soprattutto durante l’emergenza pandemica, è tornato alla ribalta il problema degli insegnanti di sostegno, molti dei quali ribadiscono sia la contitolarità di cattedra che il lavoro su tutta la classe, attraverso metodologie cooperative e metacognitive di cui non usufruiscono solo i ragazzi con disabilità; il progetto di sostegno, utile anche sul piano sociale e lavorativo, è un progetto inclusivo che si fonda sull’osservazione del discente e dell’ambiente in cui vive e deve la sua efficacia alla continuità, nemica dell’eccessiva alternanza.

 

COME SI DIVENTA INSEGNANTI DI SOSTEGNO? –  Per diventare docenti di sostegno di ruolo occorre avere l’abilitazione all’insegnamento o un titolo di studio valido per l’accesso ad almeno una classe di concorso più i 24 cfu, quindi conseguire il TFA sostegno e superare un concorso.

Di conseguenza i soggetti idonei a tale iter devono possedere, come prerequisiti, un’abilitazione all’insegnamento, un titolo di studio valido per l’accesso ad almeno una classe di concorso (più i 24 cfu), o un diploma di scuola superiore di tipo tecnico-professionale (sono esclusi i licei).

CISL – Secondo un dossier sul sostegno pubblicato da poco dalla Cisl Scuola, si evidenzia la necessità di un incremento di organico ma anche la scarsa partecipazione degli enti locali e degli organi di coordinamento ai progetti inclusivi.
Impugnando i numeri, su 104 000 posti in deroga ci sono solo 40 000 specializzati (anche se in aumento) ma le assunzioni di questi ultimi, anche a causa del recente modello di assunzione straordinario, sono pochissime: basti pensare che le domande per la scuola secondaria sono 1416 su un totale di 4069, anche per i criteri troppo selettivi del suddetto modello.

Uno dei temi maggiormente dibattuti dalla Cisl Scuola, e in particolare dalla segretaria Maddalena Gissi, è lo scarso impegno politico a snellire il meccanismo delle assunzioni per persone che hanno già svolto un robusto percorso formativo (TFA con 300 ore di tirocinio, 60 cfu, prova preselettiva eccetera). Ma il tema della stabilizzazione degli specializzati è solo un lato del problematico poligono del sostegno.

 

PRECARIATO – L’Italia ha un esercito di precari che da anni lavorano sui posti di sostegno senza titoli di specializzazione: su 180 000 in servizio sono di ruolo meno di 80 000, 21 000 circa a tempo determinato con contratto al 31 agosto e oltre 80 000 sempre a tempo determinato con contratto al 30 giugno.
Partendo dal presupposto che i precari devono autofinanziarsi la formazione perché non hanno accesso alla Carta del Docente, il sostegno in Italia è dunque in mano a (relativamente) pochi specializzati in attesa di stabilizzazione e a una mole imbarazzante di precari (secondo le normative UE i contratti a tempo determinato non dovrebbero superare i 3 anni, ma sappiamo che nella pratica non è così) che non hanno specializzazione.
Oltre all’avvilente prospettiva di un precario non formato alle prese con gravi casi di disabilità che, pur armato di buona volontà, rischia di peggiorare la situazione, va ricordato che i docenti precari entrano in aula fra la fine di ottobre e i primi di novembre, lasciando quindi scoperti proprio i ragazzi che necessiterebbero di maggiori attenzioni.

 

UNIVERSITÀ – Uno dei problemi più seri da risolvere, in merito al sostegno, è la differente distribuzione sul territorio, in quanto le università del Nord sono meno inclini ad incrementare l’offerta formativa rispetto a quelle del Sud, generando il paradosso di docenti del Meridione migrati al Nord in cerca d’un posto di ruolo, costretti a tornare al Sud per il TFA e poi di nuovo pronti, con la valigia in mano, a ritornare al Settentrione. Paradigmatico è l’esempio del Piemonte (ma potremmo citare anche l’EmiliaRomagna) con 400 posti messi a disposizione dalle università a fronte di migliaia di posti assegnati al personale non specializzato.

POSSIBILI SOLUZIONI – Azzardiamo un serie di possibili soluzioni in merito ai temi trattati:

  • Armonizzare il divario (formativo e non) fra Nord e Sud;
  • Trasformare le cattedre in deroga, ferme dal 2013, dopo averne provveduto a una ricognizione ministeriale su scala provinciale e meditare su una loro possibile soglia di sbarramento (ad esempio il 20%);
  • Operare una stabilizzazione diretta degli specializzati;
  • Provare a risolvere il problema delle università (soprattutto al Nord) che non fanno TFA attraverso bandi di formazione, avvalendosi anche della digitalizzazione;
  • Superare la visione «medicalizzante» del decreto 182 del 2020, che ha previsto una contrazione delle ore di sostegno per le disabilità medie e lievi che dovrebbero invece essere quelle maggiormente attenzionate;
  • Utilizzare concorsi ordinari e graduatorie di merito per superare l’obsolescenza dei meccanismi di assunzione, e la vera e propria piaga dei docenti specializzati ingabbiati nelle GPS (graduatorie provinciali per le supplenze).

La partita sul terreno del sostegno si gioca quindi, a stretto giro di tempo, sul dualismo formazione-assunzione e sulla triangolazione fra ricerca-formazione-inserimento, che vanno concordati anche in base alle esigenze del territorio.

 

Germano Innocenti

Articoli Recenti

Diritto alla (d)istruzione pubblica

Diritto alla (d)istruzione pubblica

L’articolo 34 della nostra Carta costituzionale recita così: «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti...