RITORNO ALLA NORMALITA’ ATTO PRIMO: GLI ESAMI DI STATO 2020 – parla IL prof. GIUSEPPE MARINO

da | Lug 22, 2020 | IN PRIMO PIANO

15 giugno 2020: per molte persone può essere stato un giorno normale, ordinario, come qualsiasi altro. Eppure quel giorno per molti professori è stato un evento inaspettatamente straordinario: dopo oltre tre mesi, sono ritornati in quella seconda casa, che è la scuola, per la riunione preliminare degli Esami di Stato, dopo il lockdown. Abbiamo chiesto al professore Giuseppe Marino, docente di ruolo presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, di raccontarci la sua esperienza e le sue sensazioni.

Ci sono state differenze con gli Esami svolti fino allo scorso anno? Come sono stati svolti a livello pratico gli Esami 2020?
Ho preso parte a tanti Esami di Stato nella mia carriera, anche se sempre da Commissario Esterno, ma quest’anno ero consapevole che sarebbe stato qualcosa di mai visto prima.
Il rientro è stato spiazzante a primo impatto, completamente diverso dagli anni precedenti: mascherina obbligatoria per tutti, in fila con un ampio distanziamento, organizzazione logistica che regolava ingressi e uscite delle diverse commissioni. All’ingresso, un modulo da compilare, ogni giorno, in cui si dichiarava di non avere temperatura corporea superiore a 37.5 gradi e la penna utilizzata per la compilazione disinfettata ad ogni utilizzo.
Come ulteriori misure, i servizi venivano igienizzati ad ogni minimo utilizzo e la consueta presenza di amici e familiari agli Esami per ogni candidato è stata ridotta a una sola persona. La sala predisposta per il colloquio orale poneva il candidato a due metri di distanza da ogni commissario e i commissari a distanza di un metro l’uno dall’altro.

Ci può raccontare gli episodi più significativi di questa esperienza?
Gli Esami di Stato hanno sempre un potente portato emotivo, perché significano molto per gli studenti che li sostengono. Quest’anno, però, è conciso il ritorno dopo mesi di assenza . E per alcuni studenti del Convitto sono 13 anni di vita che finiscono in un’ora. Ho visto ragazzi e ragazze piangere, chi per la tensione degli esami, chi per la paura del domani, chi per la malinconia di lasciare un posto che era per loro una sicurezza da 13 anni. La cosa più dura è stata non poterli abbracciare come si avrebbe voluto, poter dare il supporto solo appoggiando il proprio gomito a quello dello studente, frenare l’istinto, spesso fortissimo, di abbracciarli come alla fine di ogni colloquio finale. Sono ragazzi che sono cresciuti con te e che, a loro modo, ti hanno cambiato e permesso di crescere. È stata dura. Inoltre, è stato evidente un grosso limite della Didattica a Distanza: per quanto bravi, i ragazzi non erano preparati, non da un punto di vista contenutistico, ma da quello organizzativo e logistico agli Esami. Questo è perché il lavoro di preparazione finale è quello che di solito avviene dal mese di marzo, che, come è ormai noto, è conciso con il lockdown.

Un’ultima domanda: come le è sembrata l’impostazione di questo Esame?
Le cinque parti in cui consisteva l’Esame permettevano una valutazione globale dell’alunno: le prime due parti, l’elaborato sulle materie di indirizzo e il commento di un testo di letteratura italiana, ovviavano alla mancanza delle prove scritte. Forse gli scritti avrebbero dato una valutazione maggiormente oggettiva, ma la presenza dei commissari interni poteva controbilanciare alla loro mancanza. Direi, quindi, sommariamente un buon esame ed un’esperienza importante per i ragazzi.

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