La didattica a distanza ha esasperato alcune disparità sociali che in presenza la scuola, i docenti e i compagni cercavano di colmare. La scuola, che era già lo specchio delle diseguaglianze presenti nella società, con la didattica digitale ha amplificato forme di dispersione indotta per le fasce sociali più povere e svantaggiate. Molti ragazzi si sono trovati catapultati nella triste condizione di non poter partecipare alla didattica o di farlo in modo precario e di vedere le distanze dai loro compagni ampliarsi e amplificarsi.
Alcuni ragazzi raccontano della frustrazione vissuta per non aver potuto vivere compiutamente la didattica a distanza, della necessità di “consumare i giga in maniera parsimoniosa”, di non potersi collegare “in certi orari perché la connessione era debole” vista il contemporaneo accesso alla rete dei familiari.
Però abbiamo anche sperimentato, scuola e famiglia, come una situazione di crisi possa diventare una risorsa educativa ed una possibilità di cambiamento.
Abbiamo assistito, genitori, docenti e studenti, a una trasformazione che potrà diventare davvero un’occasione di crescita umana e di sperimentazione professionale e sociale. È ormai assodato che almeno nella scuola secondaria il cessare dell’emergenza non eliminerà la DaD che potrà finalmente essere applicata anche a condizioni di didattica “normale”. In molti casi la tecnologia era stata utilizzata da un gruppo di docenti convinti della sua efficacia, mentre molti erano stati alla finestra a guardare; quando non erano del tutto scettici. E anche le famiglie vedevano gli strumenti tecnologici come occasione di gioco e di svago, non certo come mezzi utili all’apprendimento.
Questa esperienza ha messo in luce che la DaD ha alcune caratteristiche di natura educativa: può permettere l’implementazione di competenze digitali, può aiutare gli studenti ad affrontare lo studio delle diverse discipline in modo autonomo e critico e può portare allo sviluppo di competenze trasversali. Può aver aiutato gli studenti insofferenti alla didattica tradizionale, alla lezione sempre frontale, alla routine cieca della scuola, portandoli a mettere in atto competenze inaspettate. Se si continuerà a integrarla con forme di didattica tradizionale potranno emergere nei ragazzi atteggiamenti proattivi, che privilegeranno la creatività e l’originalità e il piacere dell’imparare ad apprendere in modo diverso.
La parola d’ordine è, però, rendere complementari le due modalità: laddove, nella didattica a distanza si sono ricalcate ore e modalità di lezione trasmissiva, si sono costretti i ragazzi a trascorrere ore davanti a un computer o a un telefono comportando disagi fisici ed emotivi e poca motivazione e interesse.
I ragazzi stessi ci hanno ricordato che la scuola è una comunità, è un ambiente di condivisione e che hanno bisogno di socializzare, confrontarsi, condividere e di parlare guardandosi in faccia.
L’elevata partecipazione alle lezioni online, per quanto difficoltosa e spesso iniqua, ha evidenziato la voglia di stare insieme della maggior parte degli studenti: ciò potrebbe suggerire di ripensare alle troppe pratiche di insegnamento imperniate sulle distanze, sul distacco emotivo tra discente e insegnante, per riportare l’attenzione sulla centralità del rapporto personale e della fiducia tra individui che si stimano come condizione indispensabile per un apprendimento significativo.
Il limite della DaD permane nella modalità di alcuni docenti di assegnare esclusivamente esercizi da svolgere in solitudine, lezioni e argomenti da studiare o quiz, test e verifiche standardizzate da risolvere con tempi ansiogeni, provocando spesso negli allievi, più fragili, ma anche nei più motivati, un distanziamento dal piacere di apprendere.
A tal proposito una studentessa, frequentante la terza superiore, racconta: L’essere sempre stata brava a scuola e scrupolosa e diligente mi ha penalizzata, mi sono sentita in dovere di seguire tutte le lezioni anche se avevano un ritmo incalzante che non tenevano conto della fatica di stare sei ore attaccati a uno schermo, abbiamo pure saltato le vacanze di Pasqua per recuperare il programma. Risultato sono stanca e stressata e quando il professore di latino mi ha detto: “Se vuoi il 10 devi fare ancora un’interrogazione digitale, per me un incubo, ho risposto: “No, grazie mi terrò il 9”. Non abbiamo vissuto un’esperienza di didattica differente: hanno semplicemente messo le lezioni tradizionali in uno schermo.
Se la didattica a distanza è stata in alcuni casi un limite per determinati studenti, i ragazzi con DSA hanno avuto ancora più difficoltà ad approcciarsi a un metodo didattico che non teneva in considerazione il contatto diretto tra alunni e docenti. Affronteremo questo aspetto nel prossimo articolo […]
Dott.ssa Maria Enrica Bianchi e Dott.ssa Cristina Fabbri
docenti e formatrici AID